Sulla Tua Parola getterò le reti
Convegno di Lode ed Evangelizzazione del 1º luglio 2007
Il 1º luglio 2007, la Comunità si è incontrata a Cagliari per riflettere sul tema: Sulla Tua Parola getterò le reti, tratto dal Vangelo di Luca 5,5. Sono stati invitati a condurre le meditazioni Don Renato Tisot e Giuliano Monaco, Responsabile della Comunità.
La giornata è cominciata con una intensa preghiera di lode e adorazione, guidata dai fratelli del Ministero dell'animazione, coadiuvati dalla Corale della Comunità.
Sono stati momenti di abbandono alla volontà del Padre, la cui presenza in Spirito era davvero palpabile, momenti nei quali ci siamo sentiti come presi per mano dallo Spirito e condotti alla presenza del Padre, con cuore aperto ed in un raccoglimento quasi irreale, desiderosi di accogliere la Parola di Dio.
In questo clima, è stato invitato a prendere la parola Don Renato Tisot, il quale ha affermato che Gesù ha vissuto trent'anni della Sua vita come ognuno di noi, e questo lo ha fatto per affermare l'importanza della vita familiare, per consacrare la famiglia così come istituita dal Padre, mentre proprio la famiglia, oggi, subisce gli attacchi più feroci che mirano alla sua distruzione.
Lo stesso Gesù, nel corso della Sua vita privata, non è mai mancato alle assemblee nelle Sinagoghe e, proprio lì, giunto che fu il tempo stabilito, rese pubblico il mandato ricevuto dal Padre: «lo Spirito del Signore è sopra di me... oggi si è adempiuta la Parola», suscitando scandalo tra i presenti.
Gli avvenimenti che il tema del Convegno ci propone, ha proseguito Don Tisot, si inquadrano invece in quella che viene definita come la vita pubblica di Gesù.
Ricordiamo, infatti, di averLo visto prima nella Sinagoga, poi liberare un indemoniato, ed infine guarire la mamma di Pietro.
Quando Gesù predicava, ha precisato Don Renato, tutti lo ascoltavano e molti venivano guariti, molti, ma non tutti.
Infatti se noi non ascoltiamo, se non preghiamo, la nostra opera non serve a nulla.
Vediamo Gesù guarire un paralitico, mangiare con i peccatori, ulteriore motivo di scandalo tra i Farisei, i Pubblicani e tutti coloro che ancora non avevano capito quella che era la missione di Gesù. Proprio in questa occasione, Gesù sconvolge le loro aspettative quando afferma di essere venuto non tanto per i giusti, quanto per i peccatori. Don Renato ha ricordato che il Signore ci propone una salute globale, che è liberazione, guarigione fisica ma, soprattutto, spirituale, ad opera dello Spirito Santo.
Ha sostenuto che la Pentecoste è iniziata sulla croce dove Gesù, morendo, trasmise lo Spirito. La Pentecoste, quindi, è costata la trafittura di Gesù.
Gesù è la rete buttata dal Signore per pescare l'umanità e portarla nell'acqua viva dello Spirito Santo, che l'avrebbe rigenerata.
Don Renato ha proseguito affermando che la Madonna ha avuto le stesse sofferenze di Gesù, ha avuto il cuore trafitto, è stata corredentrice, madre del Figlio, sorella di Lui, è stata consorte (cioè con lo stesso giogo). Maria, è la creatura umana che ha condiviso tutto con il Figlio. Maria è l'unica creatura che si trova accanto a Dio, già glorificata in anima e corpo.
Questo amore testimoniato dalla Madonna, passa attraverso la trafittura del cuore, e si chiama Misericordia.
Con quello squarcio del cuore, Gesù ha salvato l'umanità intera dal peccato originale. Fino ad allora, in Paradiso non c'era stato ancora nessuno, perché nessuno era stato ancora redento.
Quando Gesù dice che bisogna entrare per la porta stretta, intende riferirsi allo squarcio del Suo cuore trafitto. Infatti, a ben pensare, non c'è altra porta più stretta di quella.
Ha quindi affermato che tutti quei cattolici che vanno alla ricerca della religione migliore, consultando numerosi testi e ponendo a raffronto le varie teorie, proseguiranno la loro ricerca per tutta la vita, perché non ci si può fermare a studiare, senza sperimentare la presenza del Signore, l'unico risultato che otterranno, sarà il loro allontanamento dalla Chiesa e, quindi, la loro morte spirituale.
Don Renato ha concluso il suo intervento esortando tutti ad essere assidui nella partecipazione al Sacramento dell'Eucaristia, possibilmente quotidiana, perché nella Messa troviamo tutto, guarigione, liberazione, perdono.
Dopo alcuni canti di ringraziamento e di lode al Signore, è stato invitato a prendere la parola Giuliano Monaco, il quale ha condotto una relazione sulla Perseveranza
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Ha esordito affermando che, oggi, la fede di ciascuno è messa a dura prova: spesso, quando si sente parlare di prove, si pensa sempre a quelle cui è sottoposta la fede degli altri, quasi a voler dire che la nostra fede sia immune dalle tentazioni, mentre quella degli altri ne sarebbe inevitabilmente preda.
Da qui la necessità di guardare dentro di noi e di mettere in discussione noi stessi, perché abbiamo la sensazione che i difetti siano tutti e solo sugli altri.
Le nostre vite sono come delle canne sbattute non tanto dal vento, quanto dai venti. Si, perché ci sono due venti che influenzano le nostre vite: uno che viene dallo Spirito, ed uno che viene dal maligno.
Nell'eterna lotta contro il vento che tenta di distoglierci dalle cose di Cristo, chi resisterà? Ha domandato Giuliano. Come resisterò io, come resisterai tu a questo vento che vuole mettere alla prova la tua fede?
E' necessario che il nostro vivere da cristiani non rimanga solo pura teoria, ma diventi anche pratica. Dobbiamo domandare a noi stessi se siamo veramente delle persone di fede e come lo dimostriamo concretamente, perché ci sono troppi cattolici anagrafici. A noi capita spesso di essere cattolici part-time, cioè cristiani che riservano a Dio solo le briciole del proprio tempo, cioè il poco tempo che la vita frenetica di oggi ci impone di riservare al Signore. Vogliamo fare un po' di tutto, ed in questo tutto, comprendiamo anche il po' di tempo per il Signore.
Ed invece il Signore vuole tutto il nostro tempo, perché è Lui il padrone del tempo.
Il Signore vuole tutta la nostra vita, perché Lui si è donato totalmente a ciascuno di noi e per ciascuno di noi, e desidera che anche noi ci doniamo totalmente a Lui senza riserve; questa donazione passa attraverso la vita comunitaria, attraverso la Chiesa.
Non è pensabile professare la fede da soli, perché è il Signore stesso che ci dice «...dove due o tre sono riuniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro...», laddove i due o tre sono la Chiesa e la Comunità alla quale siamo stati chiamati. Così come non ci si può curare da soli, allo stesso modo non possiamo praticare la fede da soli.
Giuliano ha affermato che il tema del Convegno è un atto di fede attualissimo e verissimo, perché esprime la fede della Chiesa nella Parola di Gesù e, quindi, in Gesù stesso, in Gesù vivo, ed ha invitato tutti a soffermarsi sul significato della rete
che il brano ci propone.
Quella rete riguarda ognuno di noi, e dobbiamo interrogarci per capire se stiamo dentro, oppure se ne stiamo fuori. Si, perché noi siamo come i pesci che dalla rete vengono catturati, cerchiamo in tutti i modi di sfuggire alle sue maglie, ed alcune volte un po' entriamo, ed un po' ne usciamo, a seconda del gradimento, e della disponibilità del momento. E questo succede quando noi entriamo o usciamo dalla comunità alla quale il Signore ci ha chiamati.
Dobbiamo domandarci dove siamo: siamo nella rete o ci siamo tirati fuori? Oppure abbiamo allargato le maglie per entrarvi ed uscirvi a nostro piacimento?
Dobbiamo stare con Gesù ad ogni costo, ha accoratamente esortato Giuliano, Lui vuole essere il nostro primo ed unico amore, Lui ha bisogno delle nostre mani, delle nostre gambe, ha bisogno di un corpo unito, se ci stacchiamo da Lui e dalla Chiesa, se stiamo soli, diventiamo facili prede, facili bersagli del maligno.
Pensate quale privilegio ci è concesso quando ci viene data la possibilità di stare nella rete. Il mare aperto, cioè il mondo, è pieno di squali (cioè di pericoli) pronti a divorarci, più stiamo con Gesù, più siamo protetti.
Con Gesù ci troviamo come in una barca guidata verso un porto sicuro, non ci sono alternative, non ci sono altre vie.
Giuliano ha poi proposto il brano del centurione, tratto dal Vangelo di San Luca 7,1-10, augurando a ciascuno che il Signore, al Suo ritorno, possa trovare in noi la stessa fede di quel centurione. Nello spaccato della sua vita, ritroviamo la fede, l'amore, il rispetto, la sottomissione, il servizio, l'intercessione, lo stupore e, infine, il premio, mentre non incontriamo la presunzione, la superbia, l'orgoglio, la prepotenza e l'arroganza del potere. Notiamo ancora come ci siano due delegazioni, la prima degli anziani e la seconda degli amici, e questo per chiedere a Gesù un qualche cosa di grande. Da qui, l'importanza della richiesta: dove non c'è richiesta, non c'è aiuto. Così è per noi, se non chiediamo, nessuno ci aiuta.
Ed a chiedere aiuto, si può andare di persona, oppure si può mandare qualcuno affinché interceda per noi.
Nel brano di Luca notiamo come le due delegazioni vanno con fede, e questa loro fede provoca l'ascolto di Gesù il quale, nonostante fosse impegnato, interrompe quello che stava facendo e li ascolta.
Ecco qui evidenziata con tutta chiarezza, l'importanza che assume l'avere degli amici che abbiamo fede.
Osserviamo ancora, ha proseguito Giuliano, come sia importante non chiudersi in se stessi quando si hanno dei problemi, ce lo dimostra il centurione, il quale ha voluto fare di più, è voluto andare oltre il problema, e questo in totale umiltà e con una grande fede in Gesù.
Infatti questi ambasciatori esordiscono col dire per conto dello stesso centurione: io non son degno che Tu entri sotto il mio tetto... ma comanda con una parola ed il mio servo sarà guarito
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Le parole del centurione ci insegnano che, per stare ai piedi di Gesù, è necessario liberarsi dell'orgoglio. In quel «non son degno», c'è l'atto penitenziale di una persona che ha preso coscienza dei peccati commessi e ne è profondamente pentita, c'è tutto il nostro bisogno di guarigione, perché il nostro cuore è pieno di spazzatura... solo dopo essere stati ripuliti saremo degni di stare alla presenza di Gesù.
Le parole del centurione evidenziano, ancora, il trionfo dell'Autorità Divina su quella Temporale (politica, sociale).
Infatti, il centurione avrebbe potuto usare l'autorità che gli riveniva dall'essere rappresentante dell'autorità imperiale di Roma, per chiedere l'intervento di Gesù, ma non lo ha fatto. Egli crede nell'imperatore romano, Gesù crede invece in Dio Padre.
I soldati sono sottomessi all'autorità imperiale, i discepoli di Gesù credono in Lui perché sanno che è sottomesso a Dio Padre. Entrambi, Gesù ed il Centurione, amministrano un potere. Gesù ama il Padre, il Centurione ama il servo.
Ecco la scintilla, ecco quel qual cosa in più, ecco quell'andare oltre, l'amore per il servo, che lo porta a rivolgersi a quell'uomo che aveva un altro potere.
Il Centurione ha capito che il potere del mondo ha dei limiti, riconosce l'autorità superiore, e ripone la sua fiducia in Gesù, che è l'autorità dell'impossibile.
Ecco la differenza, ecco il trionfo dell'autorità Divina: il centurione si rende conto che l'autorità di governo non può comandare l'autorità Divina, la riconosce e si sottomette a tale autorità, suscitando lo stupore di Gesù il quale, di fronte a una tale fede, rivolto ai suoi discepoli, così commenta neanche in Israele ho trovato una fede così grande
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Accadde, poi, che anche i soldati che hanno assistito alla scena, spostarono la loro fede, fino a quel momento riposta sull'autorità imperiale, verso il potere divino. Ora credono in Gesù, non credono più in qualcosa, credono in Qualcuno.
Questa, è la differenza che dobbiamo fare nostra, dobbiamo credere in Gesù, perché quel qualcosa potrebbe essere un idolo, e come tale privo di potere, e stolti saremmo noi a porre la nostra fiducia nel nulla.
Anche noi dobbiamo suscitare lo stupore di Gesù, il quale deve sentirsi meravigliato dal nostro comportamento, che ci porta a fare delle scelte contro corrente rispetto alla mentalità del tempo, scelte che però dimostrino tutta la nostra fiducia in Gesù risorto.
Egli è al primo posto, tutto ciò che abbiamo, lo abbiamo perché il Signore ce lo ha donato, ed allo stesso modo in cui ce l'ha dato, può anche riprenderlo.
Suscitare la meraviglia di Gesù significa anche obbedire come obbedivano i primi discepoli. Quando Gesù diceva di andare, tutti andavano.
Così deve accadere anche con i responsabili delle Comunità, quando questi dicono che bisogna fare un qualcosa, la si deve fare, ed invece, spesso, non si vuole ascoltare. Siamo in debito di obbedienza nei confronti del Movimento, siamo in debito di obbedienza nei confronti della Chiesa, lo siamo nei confronti del nostro Dio. Il Signore ci chiama ad essere protagonisti con Lui, non per il mondo, non per essere applauditi, ma per Dio.
Gesù ci chiama a stare nella barca, che per noi è anche un vivaio, cioè un luogo dove veniamo aiutati a crescere, dove veniamo formati, dove tutti i giorni rinnoviamo ed alimentiamo la nostra fede in Lui, la nostra fedeltà alla Comunità, la fedeltà e l'obbedienza alla Chiesa.
Giuliano ha quindi concluso esortando tutti all'unità, perché più stiamo insieme, più suscitiamo lo stupore nel Signore. Dobbiamo, insieme, riconoscere le nostre colpe, insieme condividere le gioie ed i dolori gli uni degli altri.
Ringraziamo il Signore per gli spunti davvero edificanti che, attraverso le parole di Giuliano, ha voluto portare alla nostra attenzione.
Forse eravamo convinti di stare dentro la rete ma, forse, abbiamo allargato alcune maglie che ci consentono di gestire la nostra presenza (nella rete) in base ai nostri capricci, oppure in base alle nostre comodità, ponendo il Signore - che vuole e merita il primo posto - all'ultimo posto della nostra vita.
Nel pomeriggio, il Convegno è ripreso con la recita della coroncina della Divina Misericordia, cui ha fatto seguito una intensa preghiera di lode e adorazione.
La Celebrazione Eucaristica presieduta da Don Tisot, a conclusione della giornata, ha voluto davvero esprimere il rendimento di grazie al Signore, per tutte le meraviglie che ha voluto compiere.
Durante l'esposizione del Santissimo Sacramento, portato in processione in mezzo all'assemblea, abbiamo rivissuto i momenti in cui Gesù passava tra la gente e si fermava presso ciascuno di noi, ci siamo sentiti tanti Zaccheo, abbiamo sentito il nostro nome essere pronunciato da Gesù ed allora, di corsa ed un po' emozionati, siamo scesi dall'albero sul quale eravamo saliti per vederLo al suo passaggio, e Lo abbiamo sentito pronunciare, rivolto ciascuno di noi oggi la salvezza si è fermata nella tua casa
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